22 gennaio 2009

Come parlano gli Avvocati


   Se chiedessimo all’avvocato Lo Bello cosa è una rissa, risponderebbe che è una “violenta mischia con vie di fatto tra persone che compiano atti di violenza col duplice intento di arrecare offesa agli avversari e di difendersi dalle offese di costoro”.
   Suo cugino, tifoso instancabile della Lazio, direbbe genuinamente che è “un’occasione dove tante persone si danno altrettante botte cercando di non prenderle”.

   Ora, è evidente che l’avvocato Lo Bello utilizzi una lingua specialistica perchè rappresenta il mezzo neccessario affinchè, tra lui e gli altri esperti di diritto, la comunicazione risulti ottimale.

   Ebbene come si manifesta concretamente una lingua specialistica? Soprattutto, come si palesa a livello linguistico? .
   “[…] sie ist gekennzeichnet durch einen spezifischen Fachwortschatz und spezielle Normen für die Auswahl, Verwendung und Frequenz gemeinschaftlicher lexikalischer und grammatischer Mittel;[...]“

   Ovvero, ogni lingua specialistica è caratterizzata da un lessico specialistico e da norme specifiche che regolano la scelta, l’uso e la frequenza di mezzi linguistici lessicali e grammaticali comuni.

   Consideriamo allora brevemente le caratteristiche lessicali e lo stile espositivo della lingua del diritto, tentando di individuare le ragioni che portano a determinate scelte linguistiche.

Lessico


   Concretamente riconosciamo un linguaggio specialistico nel momento in cui ci imbattiamo in una terminologia diversa da quella che utilizza il nostro giornalaio di fiducia.
   La terminologia giuridica accoglie anzitutto il criterio di precisione o monoreferenzialità. Ogni concetto è definito in modo univoco, cioè “ogni termine deve avere un referente unico e dunque un solo significato”
   Altri aspetti rilevanti sono la totale assenza di connotazioni emotive nelle parole e una chiara tendenza verso l’economicità espressiva.

   Dunque, buona parte del lessico giuridico è formato da tecnicismi specifici, ossia parole indispensabili per la precisione terminologica come per esempio estradizione (un soggetto imputato o condannato, che si trova in territorio italiano, viene consegnato ad altro stato) o redibitoria (azione concessa al compratore per ottenere la risoluzione del contratto).

   Un'altra buona parte del lessico giuridico è composto da quei tecnicismi che i linguisti italiani definiscono collaterali in quanto non soddisfano le richieste effettive della comunicazione settoriale, piuttosto rappresentano la volontà degli addetti ai lavori di utilizzare un registro elevato ed esclusivo. A tal proposito Serianni (2003) osserva come alcune locuzioni preposizionali, per esempio a carico di (contro), vengano preferite a soluzioni più semplici e come in un aula di tribunale l’interrogatorio dei testimoni diventi, con molta disinvoltura, l’escussione dei testi.

   Eppure i tecnicismi da soli non sono sufficienti. Infatti, per darsi un lessico adeguatamente ampio e funzionale la lingua del diritto deve fare uso soprattutto di forme e strutture già esistenti nella lingua comune. Ovvero, il lessico giuridico contiene termini che nella forma concordano con quelli della lingua comune, tuttavia si distanziano da essi sul piano del significato, poiché attraverso l’utilizzo giuridico sono vincolati a significati più specializzati. E’ questo il caso del concetto di colpa che nel diritto penale presuppone che il soggetto non abbia volontà di commettere il fatto (infatti si oppone al concetto di dolo che presuppone l’intenzione di delinquere) mentre nel linguaggio comune questa distinzione non esiste; con la parola colpa si intende infatti la piena intenzione di commettere qualcosa. Stando a Oksaar (1992),

   “Gründe für die Anlehnung an die Gemeinsprache sind einerseits darin zu suchen, dass Gesetze und Urteile sich an die Allgemeinheit richten, andererseits aber darin, dass das Rechtsdenken in besonders weitem Umfang an die allgemein erfahrbaren Gegebenheiten des menschlichen Daseins anknüpft.[...]“


   Quindi i motivi dell’attenersi alla lingua comune vanno ricercati da un lato nel far tendere leggi e giudizi alla genericità, ma d’altra parte nel fatto che il diritto, in un’estensione particolarmente ampia, tenta di disciplinare tutte le situazioni vivibili comuni dell’esistenza umana. Da ciò derivano i problemi principali del rapporto tra lingua e diritto. La lingua rappresenta un problema per il giurista, e ciò che dice il giurista diventa un problema per il pubblico non specializzato. Diventa arduo per esempio se espressioni comuni come persona, cosa, parte, causa, come anche nella lingua tedesca Mensch, Geburt, Verwandtschaft, Nachtruhe vengono vincolate a determinati significati giuridici.

   Si pensi anche a quei concetti giuridici vaghi come fedeltà, fede, buon costume che sono necessari, nonostante rendino la lingua del diritto un linguaggio tecnico impreciso; oppure a termini astratti che esprimono rapporti e comportamenti come dichiarazione di volontà o reato d’omissione.

   La notevole presenza di parole e locuzioni latine come de iure (di diritto) oppure par condicio creditorum (pari condizione dei creditori), si spiega col fatto che, ad eccezione di quello anglosassone, tutti i diritti europei hanno come fondamento il diritto romano, e dalla volontà degli esperti di diritto di conservare una leggera patina arcaica ed il prestigio del loro linguaggio. Inoltre, pur non risentendo come altri ambiti professionali della forte influenza della lingua inglese, alcuni istituti giuridici (contratti) sono indicati col nome inglese: leasing, joint venture, franchising.

Stile espositivo


   Una delle funzioni fondamentali del diritto è garantire che si possa far riferimento a testi prescritti, ossia a norme, per disciplinare circostanze ogni volta differenti. Comprensibilmente questa stessa natura del diritto si ripercuote non solo sul lessico giuridico, ma anche su svariati aspetti morfosintattici e sulla testualità del discorso giuridico.

   Contrariamente a quanto accade nella lingua comune, perde importanza il verbo, e aumenta considerevolmente l’uso di forme nominali. Si pensi a costrutti come divieto di pubblicazione di… (è vietato pubblicare) e applicazione della pena su richiesta delle parti (le parti chiedono che venga applicata la pena) in cui quelli che sarebbero sintagmi verbali sono trasformati in sintagmi nominali. La stessa tendenza si registra nella lingua tedesca. Oksaar (1992) la giustifica, spiegando che

   “Der Nominalstil hat aber vielfach seine Berechtigung in der Rechtsprache, gerade von der semantischen Struktur der deutschen Sprache her.“

   Difatti, in tedesco, le forme nominali permettono di esprimere i concetti in maniera molto più coesa. Se analizziamo l’esempio utilizzato da Oksaar - Der Verein wird aufgelöst durch Eröffnung des Konkurses - percepiamo che il concetto giuridico che fa, in altre parole che provoca un effetto, è in questo caso Eröffnung des Konkurses e non l’espressione da cui deriva, ossia dadurch, dass der Konkurs eröffnet wird. Analogamente Einwilligung erteilen in una frase come wenn der Minderjährige seine Einwilligung erteilt è più fermo di einwilligen, e non solo perché Einwilligung funziona in quanto termine giuridico, bensì per il fatto che grazie al sostantivo è messo in risalto l’effetto dell’azione descritta. Altri motivi del preferire i costrutti nominali vanno ricercati senz’altro nell’intenzione degli addetti ai lavori di esprimersi in modo conciso.

   Per quanto riguarda la scelta dei tempi e modi verbali si rileva una presenza maggiore del congiuntivo nelle subordinate. Ricordiamo a tal proposito l’esempio tra persone che compiano atti di violenza. Diffuso è l’uso del participio passato che incontriamo spesso con funzione aggettivale come in ordinata citazione oppure con valore di sostantivo come in imputato.

   Si impongono, in netta controtendenza con il linguaggio di tutti i giorni, costruzioni passive come in per essere interrogati come testi; e frasi impersonali nelle quali spesso i soggetti sono collettivi o astratti, come nell’esempio che esso Giudice terrà nell’apposita sede del Tribunale, oppure introdotte da un si passivante come in si avverte che non comparendo.

   In tutti i testi giuridici, che si tratti di norme, sentenze, atti di citazione o altro, domina l’ipotassi, ossia la costruzione dei periodi è fondata sulla subordinazione di una o più proposizioni a una frase reggente. Questo tipo di organizzazione del discorso permette agli specialisti di diritto di passare in rassegna fatti e azioni che si trovano in un rapporto di sequenzialità logica in singoli periodi.

   Inoltre imbattersi in formule come la legge ora richiamata oppure incorreranno nelle pene comminate dall’art. 142 lett. e) del Disp. Att. del Codice di Procedura Penale è all’ordine del giorno quando si ha a che fare con testi giuridici; sono collegamenti anaforici o cataforici, vale a dire sintagmi che rinviano ad un preciso punto del testo ma anche ad altri testi (intertestualità) come si evince dal secondo degli esempi.

   In conclusione, trascuriamo momentaneamente i dubbi che abbiamo sulla chiarezza, o meno, di una lingua speciale qual è quella del diritto. Pertanto valutiamo la maggior parte delle scelte lessicali, morfosintattiche e testuali operate dall’avvocato Lo Bello giustificabili in quanto tutelano uno dei valori essenziali del nostro ordinamento giuridico, quello della certezza del diritto.
   Solo se i significati giuridici, e quindi anche il linguaggio che esprime tali contenuti, sono completi, precisi e senza ambiguità, è garantita la certezza del diritto.

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