2 febbraio 2009

Meritiamo Chiarezza


   Cominciamo dagli aspetti che tendiamo a dare per scontati.

   Che cosa significa comunicare? A grandi linee significa scambiarsi delle informazioni. Chi vuole comunicare deve farsi capire, altrimenti fallisce il suo obiettivo di emittente. Se il nostro interlocutore non comprende il messaggio che vogliamo trasmettergli, è quasi come se non avessimo mai comunicato.

   A tal proposito A. Testa (2002) commenta che:
   “Se a non farsi capire è un professionsta della comunicazione, questo danneggia lui anche come professionista, che tradisce il mandato del suo committente e corre, poi, il rischio di farsi licenziare.
  Anche se non lo licenziano, c’è un particolare tipo di professionista che non può permettersi di non rivolgersi a tutti: è chi comunica per conto di un organizzazione pubblica […]”.


   Quando un tribunale, un ufficio o qualsiasi altra organizzazione pubblica cerca di regolare i comportamenti dei cittadini, e certamente lo fa comunicando, ha il dovere di farsi capire. Per garantire l’interesse pubblico è necessario che la comunicazione pubblica sia trasparente, ossia democratica, quindi chiara. 


   In questa ottica, la richiesta che istituzioni giuridiche e pubbliche comunichino e producano messaggi chiari e comprensibili non è solo una fissazione di linguisti o esperti della comunicazione, piuttosto scaturisce da ragioni pratiche .
   Infatti il comune cittadino si trova spesso nella situazione paradossale di dover adeguare il proprio comportamento a disposizioni che gli vengono comunicate in un linguaggio che comprende con difficoltà o, nella peggiore delle ipotesi, non comprende affatto. 

   Naturalmente i cittadini accettano l’ordinamento giuridico e si rimettono al giudizio delle istituzioni che regolano la vita associata, ma gran parte di essi lo fa senza conoscere bene le leggi e magari senza capire bene il contenuto della lettera che l’altro ieri hanno ricevuto dall’ufficio del comune in cui vivono. Perché pensano: “Qualche motivo ci sarà, meglio fare come dicono.” 
   Ma una democrazia ha bisogno di cittadini che siano maggiorenni e critici. Ha bisogno di cittadini che siano in grado di partecipare alle scelte e alle decisioni di uno stato. Ecco perché è necessario che il consenso e la collaborazione che le istituzioni chiedono ai cittadini si basino sulla possibilità di comprendere, e non sull’indifferenza.


Cosa significa essere chiari ?

La chiarezza sembra essere un concetto facile da riconoscere. Diremo per esempio che la lettera che abbiamo ricevuto ieri dalla segreteria dell’università alla quale siamo iscritti è scritta in modo chiaro, in quanto abbiamo capito perfettamente il contenuto che intendeva comunicarci. 

   D’altra parte però la chiarezza è spesso difficile da definire. E poi, chiaro rispetto a che cosa? Comprensibile per chi? Siamo d’accordo con Annamaria Testa (2002) quando sostiene che “Dire in maniera semplice e comprensibile come si fa a dire le cose in modo semplice e comprensibile è cooomplicatissssimooo.” Al contrario di quanto uno possa credere, è più facile scrivere complicato piuttosto che scrivere in modo chiaro.

   Sicuramente la chiarezza non ha un essenza statica, fissa. Un’ordinanza di citazione per esempio può essere chiara, quindi comprensibile, per l’avvocato Lo Bello, ma può non esserlo per sua moglie. La chiarezza, così come la comprensibilità, è sempre relativa. È relativa all’argomento, al contesto, al destinatario (e quindi alla sua condizione, alle sue competenze, alle sue motivazioni). Entrano in gioco variabili legate al tempo, al luogo, alle classi sociali, ai mezzi di comunicazione impiegati, alle scelte stilistiche.
   Quando parliamo di chiarezza e
comprensibilità dobbiamo spostare la nostra attenzione dalla capacità di esprimersi alla capacità di comprendere. In altre parole, quando la comunicazione, in ambito giuridico o burocratico, si svolge tra addetti ai lavori è improbabile che sorgano problemi di comprensione. Questi ultimi sorgono piuttosto quando impiegati che lavorano nei tribunali o per altre organizzazioni pubbliche parlano o scrivono ai cittadini. Nella maggior parte dei casi infatti l’esperto che si configura come emittente tende a considerare se stesso come unica misura di comprensibilità di quanto dice o scrive, proiettando le proprie competenze sul destinatario.


   Non è necessario dunque avviare un processo di semplificazione che coinvolga a trecentosessanta gradi tutta la comunicazione che si sviluppa in ambito giuridico o negli ambienti burocratici. Occorre piuttosto, nel momento in cui ci si rivolge a utenti non esperti, insistere su una comunicazione adeguata ed efficace; quindi tentare di raggiungere la tanto ambita chiarezza, partendo proprio da una maggiore considerazione della capacità di comprensione dei nostri destinatari.
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