Dunque esistono degli esempi concreti i quali ci dimostrano che è
possibile semplificare e rendere più chiari testi specialistici come quelli
dell’ambito del diritto, soprattutto quando si rivolgono a destinatari
inesperti, senza per questo comprometterne l’efficacia giuridica o banalizzarli. E anche se in questa sede
non sono stati analizzati esempi di riscrittura di testi burocratici, è
evidente come nella lingua della burocrazia lo spazio di manovra per la
semplificazione sia ancora più ampio, data la scarsa presenza di tecnicismi
specifici (al contrario della lingua del diritto) e scelte linguistiche dettate
soprattutto dalla volontà di proteggere l’autorità
di quella che sembrerebbe essere una sorta di lingua del potere.
In ogni caso la nostra posizione si allinea a quella di chi non intende
minare, al contrario approva, la leggittimità della lingua del diritto che, per
riuscire a disciplinare una varietà illimitata di situazioni vivibili, deve
essere precisa, impersonale ed astratta.
D’altra parte rivendichiamo
chiarezza, dato che anche noi siamo cittadini che si irritano quando hanno a
che fare con funzionari pubblici troppo
fieri della propria eloquenza. Tra l’altro, farsi capire è un fatto anche
di Costituzione: è scritto nell’articolo 3, secondo comma, che è un obbligo rimuovere gli ostacoli che
impediscono la parità dei cittadini, senza distinzioni di lingua…”.
Cito un frammento di una lettera di F. Petrarca, nella
quale il poeta si rivolge ai posteri (quindi anche a noi), e mi auguro di
essere stato, in questo post, ed in quelli precedenti, quantomeno il
più chiaro possibile.
“[…] Nel parlare, come dissero alcuni, fui chiaro ed efficace; ma, a mio
vedere, fiacco e oscuro. Né invero ebbi mai cura alcuna di riuscire eloquente
nella conversazione comune con amici e famigliari, e mi stupisco che l’abbia
avuta Cesare Augusto. Quando invece la situazione o il luogo o l’ascoltatore
sembravano richiedere altrimenti, mi sono un po’ sforzato; e questo non so con
quanta efficacia: lo giudichino coloro di fronte ai quali parlai. Io, purchè
abbia vissuto rettamente, mi curo ben poco della mia eloquenza; è una gloria
vana cercare la fama soltanto nello splendore delle parole.[…]” [1]
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